Ma quanto è antica la storia del profumo? Almeno quanto gli dei. A loro infatti erano dedicati i profumi che salivano per fumum, tramite il fumo, dagli altari dei sacrifici fino al cielo. I babilonesi praticavano la libanomanzia (dal greco libanos, incenso): a seconda di come l’incenso di avvolgeva a spirale, si prendevano i presagi. Anche nell’antica Grecia, soprattutto in Epiro, si praticava l’arte della divinazione, osservando il fumo dell’incenso per trarne vaticini. Nell’antichità i profumi avevano un valore magico-religioso, usati ad esempio in Egitto per profumare le statue di culto, probabilmente non solo come offerta, ma anche con il secondo fine di preservarle, se di legno, dai tarli. Melograno, nardo, zafferano, calamo, cannella, incenso, mirra, aloe vengono ricordate nell’inno di re Salomone (IV, 12-14) . Profumava di nardo l’olio con cui Maria di Betania unse i piedi di Gesù (Giovanni, 12,3). Con il termine incenso si indica un mistura di più aromi di diversa fonte, mentre il franchincenso (in gergo l’incenso “puro”) si ricavava dalla Boswellia papyrifea, così come la mirra è la resina della Commiphora myrrha, ma si potevano aggiungere altre fragranze quali iris, giglio o loto blu. Secondo la ricetta data da Dio a Mosè nell’Esodo (30, 34), l’incenso doveva essere preparato con pochi ingredienti: storace, conchiglia profumata, galbano e franchincenso in uguali porzioni. L’olio santo per le unzioni, invece, conteneva mirra, cannella, calamo, cassia e olio d’oliva. Ancor oggi l’olio per l’incoronazione dei sovrani inglesi è composto da olio di rose, arancio, gelsomino, sesamo, cannella, benzoino, muschio, zibetto e ambra grigia. Nel carico di Ulu-burun, un relitto datato al XIV sec. a.C. rinvenuto lungo la costa della Turchia meridionale, all’interno di numerose giare fu rinvenuta la resina del Pistacia terebinthus, un ingrediente utilizzato in profumeria, coltivato in Arabia e nel Levante, e che potrebbe corrispondere al termine miceneo ki-ta-no, in Lineare B. Secondo D’Agata gli aromi micenei (XII sec. a.C. circa) dovevano essere prodotti principalmente con un ingrediente ricollegabile ad una mistura di spezie di origine vicino-orientale, una tradizione che continua ancora presso gli autori classici, nonostante moltissimi altri ingredienti, utilizzati nella preparazione di aromi, fossero nativi in Grecia, quali coriandolo, cipero e fi nocchio (usati come astringenti), mentre rosa e salvia donavano la fragranza finale. È interessante notare che tra gli ingredienti appare l’Alkanna tinctoria, che doveva colorare l’olio profumato: dunque anche l’aspetto visivo aveva una certa importanza. Sebbene l’identificazione non sia da tutti accettata, nelle tavolette in Lineare B di Cnosso potrebbe ricorrere la mirra, a testimonianza che la via dell’incenso era attiva prima del I millennio a.C., durante l’età del Bronzo. Nonostante il parziale buio documentativo durante i così detti secoli oscuri in Grecia, a cavallo fra XI e IX sec. a.C., le forme ceramiche e i parallelismi che si possono istituire con le tecniche di estrazione degli aromi dell’epoca classica ci permettono di supporre una continuità culturale relativa al mondo della profumazione che continua nei secoli10.
Nella Roma arcaica la pratica aromataria era fortemente collegata alla pietas intesa come doveri da tributare alle divinità, agli antenati e alla patria. I profumi presero però talmente piede e il loro uso così smodato da doverli proibire: nel 188 a.C. i censori Publico Licinio e Lucio Giulio Cesare vietarono la vendita di essenze straniere (compreso l’incenso), consentendone l’uso solo a fi ni rituali, nel tentativo di salvaguardare la moralità dei costumi. Ciò nonostante il fenomeno della profumazione dilagò e Roma divenne addirittura un centro di produzione e l’industria vetraria ne trasse grande vantaggio. Con l’avvento del Cristianesimo, la maggior importanza data allo spirito piuttosto che alla cura del corpo, contribuì a sminuire l’importanza e l’uso di profumi e cosmetici, in contrasto con il mondo orientale che continuava a farne gran uso. Alle soglie del Rinascimento gli aromi ricominciarono ad esser nuovamente popolari, sebbene solo tra le classi sociali agiate ma fu proprio in questo periodo che il commercio dei profumi si spostò dal bacino del Mediterraneo alle capitali europee, con un ruolo non secondario di Venezia. Le tecniche e gli aromi Le principali fonti scritte che ricordano proprietà e tecniche della preparazione di composti profumati rimangono Teofrasto, De Odoribus, che descrive le proprietà dei vari olii, ma anche Dioscuride, De materia medica, ove si discutono i componenti e le proprietà mediche dei profumi con relative ricette, mentre Plinio il Vecchio si occupa delle varie piante aromatiche e la loro provenienza. Ricordiamo, infine, la Historia Plantarum, prezioso manoscritto della Biblioteca Casanatense di Roma che può esser definito come un’enciclopedia di scienze naturali, nella quale sono descritte piante, minerali, animali con particolare riferimento alle loro proprietà mediche e terapeutiche. Il codice è databile agli ultimi anni del Trecento e venne eseguito alla corte di Gian Galeazzo Visconti, il quale ne fece poi dono a Venceslao IV, re di Boemia e di Germania. Vediamo, in modo molto schematico, le principali tecniche utilizzate lungo i secoli per estrarre e preparare gli aromi. Il sistema pressorio sembra essere il più antico: le piante aromatiche e gli olii vegetali venivano macinati insieme, poi il composto, messo fra un lenzuolo, veniva strizzato. Tale sistema era utilizzato, ad esempio, per le essenze estratte dalla buccia degli agrumi, pressati a freddo con aggiunta di acqua, poi filtrata. Teofrasto e Dioscuride raccontano come gli aromi fossero lasciati macerare in basi grasse (soprattutto olio di oliva, ma anche di sesamo, di lino o di mandorle). Le sostanze odorose venivano lasciate in immersione finché il grasso si fosse saturato, ovvero avesse catturato il profumo. Questa tecnica, nota anche come enfleurage, era praticata a Grasse in Francia in tempi più recenti. Il sistema veniva utilizzato per gli aromi più delicati che mal sopportavano il calore della distillazione. Anche la bollitura in acqua, infine, consentiva alle sostanze di rilasciare il proprio odore. Il distillatore rinvenuto a Mohendjo Daro nella valle dell’Indo (III millennio a.C.) è l’antenato di quelli rinvenuti nella fabbrica dei profumi di Pyrgos a Cipro (XIX a.C.) confermando l’uso di antiche tecniche, ancelle di quelle odierne: gli imbuti rinvenuti a Pyrgos sono gli antecedenti dei moderni imbuti separatori. Se Corinto era famosa per il profumo a base di iris, Capua e Napoli erano celebri per il profumo di rosa (Plinio, Naturalis Historia XIII, 5). Si conoscono anche alcuni nomi di profumi: il Rhodinum, a base di rosa, finocchio, mirra ed incenso. Il finocchio era usato anche per preparare un collirio, mentre la rosa seccata e polverizzata serviva per profumare la biancheria o per asciugare il sudore; il Mirtum-Laurum, con lauro, mirto, mirra, giglio; il Susinum, con gigli, miele, mirra, zafferano; l’Illirium, con giglio, alloro, mirto; il Melinon con maggiorana, foglie di vigna, mandorle amare, mele cotogne; lo Iasminum a base di gelsomino. Altri profumi più pregiati erano Cyprinum, Regium, Thurarium, Telinum, Metopium. Tutti questi sono unguenti a base vegetale, ma si potevano apprestarne anche altri a base minerale o con derivati animali. . Balsamario in vetro con corto collo cilindrico e ventre piriforme, provenienza ignota, età augusteo-claudia, Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. . Balsamario in vetro a ventre sferoidale, età augusteo-neroniana, provenienza ignota, Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro.. Balsamario in vetro a ventre sferoidale, provenienza ignota, terzo decennio-fi ne I sec. d.C., Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. . Balsamario in ceramica da Portogruaro, località San Giacomo, I-II secolo d.C., Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. . Balsamario in vetro da Portogruaro, località San Giacomo, I-II secolo d.C., Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. Il fascino del contenitore Pietra e alabastro sono i materiali più usati in Egitto per conservare gli aromi ma lungo i secoli si farà uso di ceramica e vetro, fino alle preziosissime confezioni di cristallo di Baccarat, a cavallo fra Otto e Novecento. I porta-profumi antichi avevano spesso una forma funzionale: ovvero piccole dimensioni, piccoli colli e diametro del versatoio stretto fa presumere che il liquido dovesse uscire in piccolissime quantità o fosse raccolto sull’orlo largo e piatto come negli aryballoi. Plinio stesso ci conferma che queste speciali brocchette contenevano olio profumato e le moderne ricerche archeometriche confermano questo uso. Il fatto che fossero commerciati in piccole quantità ci fa capire che erano comunque prodotti costosi. Come abbiamo già detto, ad Atene come a Roma i profumi diventarono simbolo di uno stile di vita improntato ai lussi: ieri come oggi, tale binomio è celato nel messaggio pubblicitario legato alle preziose boccette, che fanno del profumo un elemento di distinzione, edonismo e status symbol. La comunicazione olfattiva Se nel XIX sec. si faceva differenza fra sensi principali (vista e udito) e sensi secondari (tatto, gusto, odorato)17, nella (recente) cultura occidentale si attribuisce più importanza ai sensi dell’intelletto a seguito di una maggior fiducia nelle scienze e nella tecnologia piuttosto che nelle percezioni sensoriali corporee, dimenticando, d’altra parte che proprio olfatto e gusto aiutano a distinguere, ad esempio, cibi avariati, suggerendoci ciò che è commestibile o meno, assolvendo così ad un importantissimo compito di protezione. Certo, vedere e sentire sono forme di sapere, ma forse vale la pena di ricordare che “sapere” (valevole per tutte le lingue romanze) deriva dal latino assaporare, gustare, avere odore. Fra la popolazione Songhay, ad esempio, vengono servite salse diverse a seconda dello status sociale dell’ospite. Il gusto, dunque, è strettamente legato alla defi nizione delle categorie sociali. Ritornando alla percezione olfattiva possiamo sottolineare il ruolo dei tatuaggi sul corpo presso il popolo Ongee (isole Andamane) che non sono solo decorativi ma servono soprattutto a regolare l’odore corporeo. Poiché dieta e igiene sono direttamente collegate agli odori emanati dal corpo, ne consegue che ogni tradizione culturale legata a tali abitudini implica un identificativo olfattivo. Le scelte alimentari sono dettate anche da regole sociali o religiose: divieti alimentari (vegetariani, musulmani, cattolici in determinati periodi dell’anno liturgico…) così come situazioni conviviali sono alla base del fenomeni comunitari, parte fondamentale nello sviluppo e nella riproduzione dei ruoli sociali (si pensi al potlach indiano o a situazioni di social smoking/drinking20). Socrate rimarcava come il crescente uso di aromi e profumi sia da parte di liberi sia di schiavi ebbe un potente effetto sociale che contribuì a confondere la distinzione fra di loro: «se uno schiavo e un uomo libero sono entrambi unti con profumi essi odoreranno allo stesso modo». Odori, dunque, riflettono per Socrate le classi sociali: si parte dal principio che profumi sono per gli dei, quindi a seguire la gerarchia21. Quanto si avverte tramite l’olfatto può influenzare la percezione del mondo che ci circonda, facendoci apprezzare in modo positivo o negativo l’ambiente in cui ci troviamo: in tal senso gli odori emanati possono essere interpretati come uno strumento di comunicazione non verbale. Nella Grecia classica, ad esempio, il sacrificio era percepito come un mezzo di comunicazione fra dei e uomini, un legame di tipo olfattivo che sancisce i ruoli di uomini e dei. Presso autori latini quali Cicerone e Quintiliano il linguaggio stesso può essere defi nito come “odoroso”22. Il nesso “comunicazione olfattiva” ed “identificativo sociale” è, dunque, facilmente istituibile: se un profumo, infatti, comunica qualcosa, è possibile utilizzare questo stimolo per creare categorie. La percezione olfattiva ha, infatti, implicazioni sulla psicologia sociale, ovvero ha ricadute sui comportamenti interattivi, come le categorizzazioni sociali o l’attrazione interpersonale, influenzando il comportamento23. Abbiamo accennato al fatto che la consapevolezza di un profumo risveglia la nostra attenzione. Gli odori modificano gli stati d’animo e, soprattutto, la percezione che abbiamo delle altre persone. Partiamo dal racconto biblico, riportato in Genesi 27, 24: Isacco viene ingannato dal figlio Giacobbe che, indossando gli abiti del fratello Esaù, si finge quest’ultimo, ottenendo la benedizione dal padre. La profumazione è dunque un distintivo personale inconfondibile, un marchio che contraddistingue le persone. Odori, profumi, igiene: creano una barriera sociale e rappresentano un efficace parametro di distinzione. Permettono di riconoscere chi o cosa è simile e allo stesso modo diventano un mezzo per distinguersi. Identificano, separano o accomunano persone e luoghi. In questo ambito il ruolo della memoria olfattiva diviene fondamentale per riconoscere se qualcosa ha un legame affettivo/domestico oppure è da considerarsi non noto/sconosciuto/estraneo e quindi diverso. Per di più, ogni mummia aveva un proprio aroma distintivo, ottenuto dall’unione di spezie diverse usate per l’imbalsamazione, cosicché, in caso di amputazione, si sarebbe potuto riconoscerne l’odore e quindi il proprietario24. Benché il profumo sia diffuso in tutto le culture ed epoche, il costo delle materie prime lo rendeva quasi appannaggio esclusivo delle classi abbienti, sebbene esistessero anche preparazioni più economiche, come sembrerebbe confermare Plauto (Poenulus, 267) parlando di profumi “dozzinali”, utilizzati da povera gente. Ai nostri giorni, l’introduzione di sostanze di sintesi ha abbassato i costi di produzione rendendo la profumazione un evento di massa, incrementandone sensibilmente il consumo. Ciò nonostante i profumi non perdono la loro fragranza ed il loro fascino, facendo leva su quella impercettibile emozione legata al “piacere di piacere”
Grasse ,capitale del profumo.
Situata nell'entroterra di Cannes, Grasse è diventata la capitale mondiale del profumo. Da quattro secoli la città di Grasse è caratterizzata dalla sua cultura floreale. Nel 2018, l'Unesco ha inserito "il know-how della città in materia di profumi" nel suo patrimonio immateriale. La tendenza del "Made in Grasse" si è affermata e ha creato una mania tra le grandi case di profumi. Oltre al riconoscimento mondiale, è anche una fonte di valorizzazione del territorio e di sviluppo dell'occupazione.
L'incontro tra Grasse e il profumo
Se la storia del profumo risale all'Antico Egitto, la città di Grasse ha incontrato per la prima volta il profumo nel XVI secolo.
Durante il Rinascimento, Caterina de' Medici portò con sé la moda dei guanti profumati alla corte francese. Infatti, in qualità di avvocato, fece importare dalla Spagna pelli che furono poi profumate a Grasse dalla famiglia Tombarelli.
Inizialmente, la prima città francese a detronizzare Venezia nel settore dei profumi fu Montpellier. Con l'ascesa dei Maîtres Gantiers Parfumeurs e il clima favorevole alla coltivazione delle piante da profumo, Grasse divenne la capitale del profumo. Una volta consolidata la reputazione, nel 1614 venne istituito il riconoscimento della professione di profumiere. Tuttavia, la Francia entra in una grande crisi finanziaria e le pelli diventano molto costose. I maestri profumieri si diversificano dedicandosi alla profumeria di fazzoletti e ventagli. Progressivamente, abbandonano il profumo di cuoio alla fine dell'Illuminismo. I Maestri erano vicini agli ambienti del potere, come René le Florentin, al servizio di Catherine de Médicis, sospettata di essere un'avvelenatrice, come racconta Alexandre Dumas père ne La Reine Margot.
È in questo preciso momento che Grasse diventa la culla dei profumieri, con Tombarelli, Fragonard e Chiris come famiglie precursori. Questi nomi vi sono familiari? Riassumono l'arte della profumeria di Grasse. La profumeria Fragonard ha successo con i suoi saponi profumati realizzati con materie prime di alta gamma ed essenzialmente locali. Tuttavia, Molinard è molto vicino. Quest'ultima ha sedotto direttamente i ricchi, tra cui la Regina Vittoria, prima di inebriare i ruggenti anni Venti con il famoso profumo Habanita, il primo orientale femminile. I delicati unguenti a base di fiori locali penetrarono rapidamente alla corte di Luigi XV.
È quindi grazie alle professioni di guantaio e profumiere e ai vari attori dell'industria del profumo che Grasse ottiene la sua influenza internazionale.

La coltivazione delle piante come dinamica economica
Dal gelsomino di Dior alle rose di CHANEL, il know-how ancestrale è il polmone economico della città di Grasse.
Grasse ispira molti artisti di tutto il mondo. Pertanto, al di là della cultura, questo luogo è anche favorevole agli incontri e agli scambi. È qui che Gabrielle Chanel incontrò il profumiere Ernest Beaux per progettare CHANEL N°5 nel 1921. Su richiesta della couturier, questo iconico profumo contiene un'abbondante quantità di Gelsomino Grandiflorum.
Questo gelsomino è un fiore selvatico bianco dal profumo ricco e animale; molto potente, è stato estratto tramite enfleurage. Si tratta di una tecnica di distillazione ancestrale che consiste nell'appoggiare i cosiddetti fiori fragili su grasso animale per catturare le molecole odorose. Presente in molti profumi, questo fiore apporta ricchezza e sostanza alle note di cuore.
Tra i fiori emblematici, troviamo anche la Rosa Centifolia, soprannominata Rosa di Maggio. Questo fiore, con le sue centinaia di petali, è parte integrante del patrimonio di Grasse per la sua rara fioritura. Poiché fiorisce a partire da maggio, è essenziale raccoglierlo all'alba per preservare il massimo della concentrazione olfattiva. Intorno alla città, le piantagioni di bigaradiers e di lavanda sovrastano i domini.
È stata questa terra fertile a incoraggiare gli abitanti del luogo a costruire la propria tenuta. La coltivazione dei fiori, per quanto meticolosa, occupa un posto d'onore, soprattutto perché alcune grandi Maison collaborano. Dior ha infatti unito le forze con la tenuta Manon. Quest'ultima si trova nel comune e coltiva piante da profumo, perpetuando lo stesso know-how da quattro secoli. Che si tratti del Gelsomino Grandiflorum, della Rosa Centifolia o della Tuberosa, ogni fiore viene raccolto a mano dai contadini.
CHANEL collabora anche con la famiglia Mul di Grasse. Qui, inoltre, viene coltivata l'Iris Pallida. Il profumo di questo fiore si trova nelle sue radici sei anni dopo la semina. I rizomi impiegano non meno di tre anni per svilupparsi sottoterra, ma ci vogliono altri tre anni dopo l'estirpazione perché il rizoma si secchi e l'irone, la molecola del profumo, si trasferisca. L'iris è una delle materie prime più costose dell'industria profumiera, in parte a causa della sua lunga coltivazione e in parte per la sua bassa resa. Per un chilogrammo di materiale profumato sono necessarie da sette a otto tonnellate di rizomi. Inoltre, l'85% del peso finale va perso.
Tuttavia, Grasse non è sempre stata il fiore all'occhiello della floricoltura. Trent'anni fa, le piantagioni di gelsomino, rosa e violetta sono ricomparse nella regione perché erano in via di estinzione. Questo perché la città aveva scelto di puntare sul turismo balneare piuttosto che sull'industria dei profumi. La vicinanza a Cannes la rendeva un luogo strategico per il turismo di massa. Oggi il profumo è il motore dell'economia e della dinamica di Grasse. Tuttavia, sorge una domanda: "come possiamo fermare il fenomeno del disincanto nei confronti della città di Grasse e rivitalizzare questa zona storica?

Oltre il profumo, Grasse scommette sulla novità
La raccolta non si limita all'eau de parfum, agli articoli da toilette o alla Colonia, consentendo a Grasse di diversificare la propria attività e di consolidare ulteriormente la propria reputazione.
Per raggiungere il suo rango di "Capitale del Profumo", la città enfatizzerà la sua dimensione culturale creando il Museo Internazionale del Profumo nel centro della città, permettendo ai visitatori di conoscere la storia della profumeria, dall'Antico Egitto a oggi. Grasse ospita anche i musei Galimard, Molinard e Fragonard, che offrono un tour della fabbrica di profumi.
Tuttavia, Grasse non intende più essere una di queste bellezze addormentate. Queste città dimenticate dalle politiche di sviluppo e indebolite dalla metropolizzazione. Dal 2015, la Capitale dei Profumi lotta contro la devitalizzazione del suo cuore storico. L'impoverimento e le condizioni anguste delle sue abitazioni invecchiate creano uno squilibrio con la sua influenza internazionale. La città vuole sfruttare al meglio la sua differenza per attrarre lavoratori, rafforzare i suoi settori e attirare una popolazione studentesca, proponendo un progetto di sviluppo e pianificazione territoriale come un nuovo centro di istruzione superiore.
Globalizzazione e profumo: un contraccolpo benefico
La globalizzazione - e più precisamente il suo effetto sulle materie prime profumate - permette alla città di esportare il "Made in Grasse" nel mondo.
Questa globalizzazione consente un'apertura sul mondo interessante dal punto di vista olfattivo. Tuttavia, l'esportazione di molte materie prime sta raggiungendo i suoi limiti. Dal patchouli dell'Indonesia, al cedro della Virginia, al bergamotto della Calabria, sono state scoperte e lavorate con delicatezza tante varietà da offrire una combinazione olfattiva tanto notevole quanto arricchente. Tuttavia, questo arricchimento ha un costo e, in questo caso, un contraccolpo: la diminuzione delle culture francesi. Per un certo periodo, il costo elevato delle colture locali e la sovrapproduzione hanno avuto un impatto negativo sul commercio francese. Inoltre, la scoperta di materie prime sintetiche con sfaccettature diverse sostituì alcune di quelle naturali, abbassando il prezzo delle formule.
Le recenti tendenze dei profumi "100% naturali", o almeno contenenti il maggior numero possibile di prodotti naturali, danno speranza ai produttori. Aiutati dalla crisi sanitaria, che implica un certo "ritorno alle origini", i produttori di Grasse stanno vedendo decollare nuovamente le loro attività.
La reputazione di Grasse la precede a livello locale, nazionale e mondiale. Inoltre, tra i numerosi profumieri ad essa legati, possiamo citare François Demachy, profumiere ufficiale della Maison Dior. Quest'ultimo, protettore della tradizione di Grasse, mette in evidenza gli agricoltori della Città del Profumo.
Fin dal Rinascimento, Grasse ha una tradizione di coltivazione di piante profumate di alta gamma e si è costruita una reputazione non solo tra le case di profumi di lusso, ma anche tra i profumieri stessi, diventando addirittura una vera e propria casa per loro. Democratizzando il suo know-how attraverso il suo patrimonio culturale, Grasse mantiene così un dovere di memoria. Inoltre, nonostante il contesto economico a volte incerto, è riuscita a mantenere viva la regione fornendo una dinamica economica e territoriale. Con quasi 11 milioni di euro investiti nel periodo 2018-2021, Grasse è in piena transizione per lo sviluppo della città e la conservazione del suo know-how secolare.