CONOSCERE IL PROFUMO
Piramide olfattiva
Un profumo è una successione di materie prime complementari le une alle altre. Il creatore di fragranze realizza la composizione grazie ai suoi strumenti, alle sue conoscenze tecniche e al suo senso artistico.
Per formulare segue un metodo che tiene conto del grado di volatilità e di persistenza delle materie prime, considerando tre piani olfattivi teorici: la cosiddetta “piramide olfattiva”.
La piramide olfattiva è una visualizzazione teorica del grado di evaporazione dei componenti e della loro persistenza. È costituita da tre livelli che illustrano lo sviluppo temporale della fragranza.
Note di testa
Sono note fresche, leggere e di debole persistenza, svaniscono in pochi minuti. Quei pochi minuti che bastano per farsi affascinare dalla fragranza: ecco perché questa fase è definita il “volo del profumo” che spinge all’acquisto.
Note di cuore
Sono più potenti e più consistenti delle note di testa. Hanno una media persistenza e costituiscono lo sviluppo del profumo determinandone il suo carattere.
Note di fondo
Sono le materie prime di grande persistenza, che evaporano con lentezza e possono durare per giorni. Esprimono la personalità del profumo che ne genera la fedeltà nell’uso.
Sfaccettature olfattive
Le sfaccettature olfattive sono le categorie sotto le quali sono raggruppate le materie prime utilizzate per comporre una fragranza. Queste classi sono costituite sulla base di affinità di origine o di proprietà olfattiva delle sostanze.
La classificazione, introdotta alla fine del 19° secolo da Eugène Rimmel, permette di agevolare la scelta, il confronto e la comunicazione riguardante le sostanze odorose.
Per la soggettività della percezione olfattiva, il numero di sfaccettature olfattive può variare a seconda delle aziende e dei professionisti, ma in generale l’industria si trova concorde su queste classi (indicate rispetto al posto che occupano nella piramide, dall’alto verso il basso – le note più volatili sono in alto, diventano più persistenti man mano che si scende).
Famiglie olfattive
Le famiglie olfattive aiutano a classificare un profumo in base agli elementi che lo compongono; le sfaccettature olfattive permettono di completarne la descrizione.
La classificazione dei profumi fu sviluppata per creare un linguaggio descrittivo comune.
Citiamo, a esempio, una fragranza composta di legni e agrumi, quindi da sfaccettature legnose ed esperidate: se prevale la percezione dei legni, la fragranza sarà associata alla famiglia legnosa con una sfaccettatura esperidata – il profumo avrà un carattere molto deciso e asciutto, con un inizio frizzante delle note di testa. Al contrario, se saranno gli agrumi a imporsi nel tempo, si potrà definire la fragranza esperidata con sfaccettatura legnosa, molto meno persistente della precedente.
Conoscere gli ingredienti contenuti in un profumo è sicuramente affascinante, ma il solo elenco dei componenti non consente di coglierne la vera natura: classificare e riconoscere in un profumo il carattere dominante è una delle chiavi di lettura che permettono di interpretarne il messaggio emozionale.
Materie prime
Con il termine di materie prime si definiscono sostanze di diversa provenienza, naturale o sintetica, che – opportunamente estratte dalle piante (un tempo anche dagli animali) o ottenute in laboratorio grazie a particolari reazioni chimiche – servono ai profumieri creatori (o “nasi”) per comporre i profumi.
Sono oltre 5.000 le materie prime a disposizione di un creatore di profumi: per comodità vengono suddivise per affinità olfattive in gruppi detti sfaccettature, le quali sono a loro volta organizzate in famiglie, una struttura piramidale secondo il loro grado di volatilità.
La natura
È la fonte più ricca e impensata di sostanze odorose naturali che provengono da tutti i paesi del mondo e il loro principio olfattivo è contenuto nelle piante o negli animali.
Le materie prime naturali di origine vegetale provengono da varie parti delle piante, dalla scorza degli agrumi, dalle piante aromatiche, dai fiori, dai semi, dalle foglie, dalle varie parti degli alberi, delle radici, dei legni, dei rizomi e dei baccelli.
In passato, venivano utilizzati degli odori provenienti dalle secrezioni ghiandolari di alcuni animali, come quelle dello zibetto o l’ambra grigia, una sostanza odorosa che proviene dalle concrezioni intestinali del capodoglio, una sorta di “calcolo”. O, ancora, il musk estratto dalle ghiandole sessuali del cervo muschiato che viveva in Tibet e in Cina ormai quasi estinto, e il castoreo, sostanza che il castoro secerne per impermeabilizzare la sua morbida pelliccia dall’aroma massiccio, forte e robusto.
Queste sostanze sono state ormai sostituite da molecole di sintesi, dato che il loro utilizzo è spesso limitato e regolamentato in quasi tutti i paesi del mondo e il loro costo ha raggiunto livelli estremamente elevati.
La scienza
Lo sviluppo della chimica organica che ha portato alla scoperta dei prodotti sintetici per la profumeria, si situa attorno alla fine del 19° secolo e ha arricchito e continua ad arricchire la “regia” del profumiere, dando la possibilità di conferire maggiore originalità alle composizioni. Infatti, alla scoperta di una grande molecola spesso corrisponde la creazione di un grande profumo.
AGRUMI
Con il termine generico di agrumi si intendono le piante appartenenti alla famiglia delle Rutacee che comprende i più caratteristici arancia dolce e amara, bergamotto, cedro, limetta, limone, mandarino e pompelmo e varietà e ibridi di importazione come kumquat (originario della Cina, detto anche mandarino cinese, più piccolo del suo corrispettivo europeo), yuzu (un limone dolce molto usato dai giapponesi) e lime (originario del Sudest asiatico, Messico, America Latina e Caraibi).
In profumeria, gli olii essenziali ricavati per spremitura dalle scorze dei frutti, appartengono alla sfaccettatura esperidata (o agrumata, o citrus)
Apportano alle composizioni note frizzanti e vivaci, solari, fresche e toniche.
ERBE AROMATICHE
La storia delle piante aromatiche e medicinali comincia 4.000 anni prima della nostra era sulle coste del Malabar, nel sud ovest dell’India, ed è associata all’evoluzione delle civiltà: solo come esempio, le erbe aromatiche erano usate da tempi immemori dagli egizi per l’imbalsamazione oppure dai cinesi per medicamento… In tutte le parti del mondo, la storia dei popoli mostra come queste piante abbiano sempre occupato un posto importante nella medicina, nella composizione dei profumi e nelle preparazioni culinarie.
GOURMAND
È stato ampiamente dimostrato che il nostro senso del gusto si affida all’olfatto per potersi esprimere in modo più completo. Viceversa, molti sono i termini che il gusto “presta” all’olfatto per descrivere un odore. Parliamo infatti di odori dolciastri, zuccherati, acidi, aspri, piccanti, frizzanti e tantissimi altri che le nostre esperienze olfattive e gustative ci suggeriscono.
In profumeria vengono definite note golose (o “gourmand”) le evocazioni olfattive di tutto ciò che può essere gustato o bevuto (frutta fresca esclusa). Da quelle utilizzate da lungo tempo, come la vaniglia, il cacao, il miele, la cera d’api, a quelle di più recente impiego, caffè, cappuccino, liquirizia, rum, praline, cioccolato… le materie prime golose – sia naturali che di sintesi (come l’aldeide aromatica detta vanillina e i suoi recenti derivati) – offrono un ventaglio illimitato di sfumature.
Il termine “gourmand” è entrato nel linguaggio descrittivo dei profumi con Angel di Thierry Mugler nel 1992, una delle prime fragranze a coniugare note orientali, ricche di fascino e mistero, con cioccolato, caramello e miele che ne addolciscono la carica di seduzione stemperandola in un’atmosfera magica e fiabesca. Nonostante il carattere molto particolare, dall’epoca del suo lancio si conferma ancora uno dei profumi di più grande successo presso il pubblico femminile.
A partire da questo capostipite, si è poi sviluppata una lunga stirpe di profumi nei quali la sfaccettatura “gourmand” si lega a personalità dominanti diverse in una tendenza che non si limita più al solo universo femminile ma tocca anche alcune fragranze maschili.
SPEZIE
Come mai le spezie racchiudono in sè, così potente, il fascino e l’esotico mistero dei loro paesi d’origine? Come mai basta un pizzico di cannella, di noce moscata, di chiodi di garofano, di cumino, per evocare paesaggi di luoghi lontani, sapori, colori e odori al tempo stesso familiari e arcani? Le spezie possiedono il magico potere di trasportarci lontano, di ricreare nel nostro immaginario atmosfere da “mille e una notte” cariche di seduzione.
Da sempre considerate un genere di lusso, utilizzate soprattutto in cucina e per le loro virtù medicinali, le spezie sono conosciute e apprezzate sin dai tempi più remoti. Merce di scambio a volte più ricercata dell’oro, furono uno dei motivi che spinsero mercanti ed esploratori a ricercare nuove rotte commerciali intorno al mondo. Gli Egizi usavano erbe e spezie per l’imbalsamazione e per la cosmesi del corpo; i Fenici le rivendevano in tutto il Mediterraneo; per secoli gli Arabi furono gli intermediari privilegiati negli scambi con l’Oriente e l’Africa a sud del Sahara e mantennero segreta la provenienza delle spezie per assicurarsene l’esclusiva. Nel Rinascimento, Venezia e Genova divennero i principali centri dove le spezie affluivano per poi raggiungere tutta l’Europa. Nel 15° secolo, i portoghesi scoprirono nuove rotte verso Oriente e aprirono la rotta delle spezie, la via marittima che dall’Europa portava all’India e oltre, fino alle Isole delle Spezie (Molucche). Sulla nuova via commerciale venivano importate soprattutto spezie come il pepe, i chiodi di garofano, la noce moscata e la cannella. La scoperta della rotta di circumnavigazione dell’Africa e la fondazione della Compagnia delle Indie Orientali tolsero definitivamente il monopolio del commercio delle spezie ai porti del bacino del Mediterraneo.
Anche la scoperta del Nuovo Mondo aprì nuove frontiere: Cortes riportò dal Messico la vaniglia e il cioccolato e gli Spagnoli piantarono lo zenzero nelle loro nuove colonie. Attualmente l’India è ai vertici mondiali nell’esportazione di spezie (principalmente pepe, cardamomo, zenzero, cumino e curry) seguita dall’Indonesia (pepe, noce moscata, cardamomo), Brasile (pepe), Madagascar e Malaysia (pepe e zenzero). Ma le spezie non hanno accompagnato la storia dell’uomo solo da un punto di vista puramente culinario o medicinale: sono state utilizzate in cosmetici e unguenti profumati sin dai tempi degli antichi Egizi. Alle composizioni profumate della profumeria moderna, le spezie conferiscono un carattere deciso, caldo e passionale a profumi maschili e femminili di grande forza. Mai troppo preponderante in un profumo, in abbinamento ad esempio con i fiori, la sfaccettatura speziata ne esalta il fascino e la carica di seduzione con calorosa esuberanza; sottolinea con brio il tocco etnico dei legni; evidenzia con intensità la ricchezza opulenta, misteriosa e avvolgente delle note orientali. Vi sono spezie utilizzate più frequentemente nelle fragranze femminili, come cannella e bacche rosa e altre considerate più “maschili” come il cardamomo, il pepe nero e il coriandolo.
MOLECOLE DI SINTESI
Nella seconda metà dell’800, le grandi scoperte della scienza portano una svolta determinante nella profumeria: i ricercatori isolano, da sostanze naturali vegetali e animali, molte molecole olfattivamente interessanti che portano all’invenzione di prodotti senza eguali in natura.
Natura e scienza sono legate indissolubilmente tra loro e si sostengono a vicenda: la natura produce molecole odorose che danno vita a meravigliosi profumi; la scienza permette di riprodurre gli odori della natura fissandone le caratteristiche, preservando le specie a rischio di estinzione.
L’utilizzo di molecole odorose di sintesi ha ampliato la scelta dei nasi che oggi possono contare su una “collezione” di oltre 5.000 materie prime tra le quali scegliere quelle più adeguate alla loro idea di creazione. Le molecole di sintesi sono usate non per il loro odore ma per dare un effetto d’insieme alle composizioni olfattive.
La produzione di ogni nuova molecola rappresenta investimenti consistenti per anni di ricerca, seguiti da processi di fabbricazione spesso lunghi e complessi, test di tossicità e registrazioni di costosi brevetti prima di ottenere sostanze che permetteranno di esprimere nuove emozioni.
E la ricerca non si ferma mai. Nuovi orizzonti si profilano con i risultati ottenuti dalla chimica chirale fondata sul processo di sintesi asimmetrica, che permette di isolare e produrre molecole innovative (enantiomeri), come alcune note fruttate o di musk, dalle prestazioni olfattive molto elevate. Per lo sviluppo di tali metodi, il professore Ryoji Noyori, membro del consiglio di amministrazione di Takasago Giappone ha diviso il premio Nobel per la chimica nel 2001 con William S. Knowles e K. Barry Sharpless.
Tecniche di estrazione delle materie prime
Gli artigiani e le industrie produttrici hanno messo a punto nel tempo processi di lavorazione diversificati per ricavare le migliori sostanze odorose dalle piante a seconda del loro stato fisico. Ogni processo dà origine a risultati olfattivi diversi che consentono di ampliare la collezione di componenti a disposizione del creatore.
Enfleurage, infusione e spremitura
Si adagiano i petali su una lastra di vetro, detta telaio, ricoperta di grasso che ne assorbe l’odore.
L’operazione viene ripetuta circa 30 volte per ottenere una pomata profumata. Si raschia la pomata dal telaio e la si lava in alcool, ottenendo un olio profumato che viene filtrato, dando origine all’”assoluto” dal quale si raffinerà il profumo.
Nell’enfleurage a caldo i petali vengono gettati nel grasso fuso a bagnomaria e mescolati per due ore.
Dopo circa dieci giorni, nei quali i fiori vengono rinnovati ogni giorno, il grasso saturo viene filtrato secondo lo stesso procedimento dell’enfleurage a freddo.
In entrambi i casi, l’alcool profumato così ottenuto si chiama “assoluto puro in pomata”.
Infusione
Si tratta di una lavorazione particolarmente appropriata per materie prime di lenta maturazione, di origine vegetale, come baccelli di vaniglia, rizoma di iris, fave di tonka, e di origine animale, come zibetto, muschio, ambra e castoreo.
Si procede con la macerazione delle sostanza nell’etanolo a concentrazioni variabili per terminare con una filtrazione. Se l’operazione avviene a caldo, si parla di infusione, se invece avviene a freddo viene denominata tintura.
Spremitura
La spremitura è una tecnica di estrazione riservata alle scorze degli agrumi, che si avvale di azioni meccaniche quali raschiatura, pressione, centrifugazione, ecc…
Le ghiandole oleifere della buccia sono compresse da un torchio o aperte con raspe e l’olio liberato è trascinato con corrente d’acqua per poi separarsene per centrifugazione. Più recentemente si procede con la spremitura tramite torchio idraulico, dove gli agrumi vengono sminuzzati e la loro polpa distillata a vapore
Distillazione
Distillazione a vapore acqueo
La distillazione è una tecnica antichissima, probabilmente di origine mesopotamica, che è stata sviluppata dagli Egizi e perfezionata nel Medioevo dagli Arabi. Sfrutta il principio secondo il quale la maggior parte delle molecole odorose racchiuse in un fiore, una resina, un grappolo possono essere trasportate dal vapore.
In una caldaia (alambicco) vengono mescolate le sostanze da distillare con una quantità d’acqua pari a cinque volte il loro peso. Si porta a ebollizione e l’acqua si trasforma in vapore che passa attraverso le sostanze odorose e si carica di olii essenziali. Questo “vapore odoroso”, convogliato tramite un collo di cigno a un refrigeratore (una lunga serpentina immersa in un contenitore di acqua fredda), si condensa e cola in un vaso di decantazione. Per differenza di densità, l’olio essenziale viene separato dall’acqua (che resta profumata e può venire utilizzata) e raccolto. Il risultato è leggero e mediamente volatile.
Distillazione molecolare
I comuni processi di trasformazione in genere producono assoluti o olii essenziali, il cui odore traduce parte delle trasformazioni subite e non ricalca sempre fedelmente quello della pianta nel suo habitat naturale. Grazie all’uso del sottovuoto con un circuito di vapore ridotto e a basse temperature, la distillazione molecolare consente di trattare prodotti a elevato punto di ebollizione senza danneggiarne l’odore.
Durante questo processo i materiali colorati non vengono distillati, raggiungendo la necessaria separazione e permettendo di creare prodotti incolori e quindi più versatili per gli usi attuali della profumeria e di rispondere alla richiesta del pubblico di prodotti sempre più autentici.
Frazionamento
Estrapolazione tecnologica della distillazione, il frazionamento rappresenta una tecnica sempre più diffusa. Consente di isolare le varie frazioni di un olio essenziale ed eliminarne le parti meno gradevoli per mantenere solo le sezioni più nobili e procurare delle materie prime di grande finezza e qualità. Operazioni come la deterpenazione (eliminazione dei terpeni) e la rettificazione (separazione delle resine) rendono le essenze più stabili e meglio conservabili.
Estrazione
Estrazione con solventi volatili
Il procedimento fu presentato per la prima volta all’Esposizione Internazionale di Vienna nel 1873 e da allora viene applicato sia a materie prime essiccate che a materie prime fresche.
In un apposito recipiente, detto estrattore, si effettuano ripetuti lavaggi della materia naturale con un solvente volatile (ad esempio l’esano) che possiede un alto potere solubilizzante e si elimina facilmente per evaporazione. Seguendo tempi prestabiliti si ottengono il principio olfattivo, le cere e i pigmenti. In seguito a ripetuti passaggi nel vaso di decantazione, si raccoglie alla fine da una parte il concentrato profumato e colorato, più o meno solido (concreta), e dall’altra il solvente che sarà recuperato e riutilizzato.
Nel caso in cui la materia prima trattata sia un balsamo, una gomma o una resina, si ottiene un resinoide, che potrà essere utilizzato in questa stessa forma dai profumieri. Le concrete invece subiscono un altro trattamento, l’estrazione con alcool, allo scopo di ottenere un prodotto più puro, l’assoluto. Il concentrato trattato viene in seguito filtrato, congelato e di nuovo filtrato, per essere separato dai residui cerosi non solubili, e infine concentrato sotto vuoto per eliminare tutte le tracce di alcool.
Estrazione tramite CO2 o super critica
E’ un metodo di estrazione delicato poiché permette di estrarre sostanze odorose poco volatili, come quelle emanate dalle spezie e, in generale, le materie prime secche. Inoltre, non ci sono alterazioni termiche dell’odore, non sussistono tracce di solventi e si ottengono materie dagli odori estremamente puri.
E’ un procedimento ispirato all’estrazione con solventi volatili: l’anidride carbonica passata alla forma liquida sotto pressione (stato supercritico) e a bassa temperatura sostituisce l’esano o altri solventi. L’estratto ottenuto può assomigliare a un resinoide che, mediante lavaggio con alcol, si trasforma poi in assoluto.
Nuovi processi produttivi
I metodi di estrazione tradizionale danno origine a numerosi derivati, migliorati dal supporto della tecnologia.
In aggiunta, l’evoluzione dei gusti dei consumatori verso sentori sempre più genuini, la ricerca di odori sempre più esclusivi ed insoliti, la crescente sensibilità ecologica della società, attenta a proteggere risorse e specie a rischio di estinzione, hanno spinto le industrie produttrici a sviluppare tecnologie sempre più perfezionate e instituire collaborazioni eco-consapevoli.
Ci sono sostanze che rilasciano splendidi odori che nessun metodo di estrazione è in grado di catturare. La frutta ne è un esempio, le golosità anche. Ci sono piante che non si prestano a coltivazioni estensive. La natura procura già molte risorse ma non è in grado di rinnovarsi alla velocità in cui emergono i fabbisogni.
Per attingere a nuove ricchezze, senza danneggiare il delicato equilibrio ecologico, le aziende leader di settore hanno elaborato nuovi processi produttivi.
Negli anni ’70 fu identificata la prima tecnologia d’avanguardia: l’Head Space. Questa tecnica consiste nel racchiudere fiori o piante, troppo delicati per essere trattati con i procedimenti di estrazione classici, in un recipiente che contiene un microricettore dal lieve potere assorbente. L’aria profumata attorno al fiore è assorbita dal microricettore per una durata di tempo che va da mezzora a parecchie ore, secondo la specie. Il profumo assorbito dall’aria che avvolge il fiore può essere recuperato per estrazione, utilizzando un solvente adatto. Le differenti molecole odorose del campione ottenuto sono separate le une dalle altre e vengono poi selezionate quelle che permetteranno di riprodurre più fedelmente il profumo del fiore. Operata la scelta, bisogna poi armonizzare tutte le molecole per ottenere un risultato il più possibile fedele alla natura.
Ogni casa essenziera ha poi sviluppato e brevettato delle tecniche sofisticate derivate da questo principio primario, eccone alcune.
Fasi di produzione del profumo
Dopo molte prove – e, talvolta, diversi anni di lavoro – il “naso” elabora la formula segreta del profumo: il numero di materie prime varia da un numero limitato (“formula corta”) fino a superare le cento sostanze. Alcuni profumi vantano la presenza di 703 materie prime … Tuttavia, la qualità di una fragranza non è proporzionata alla quantità dei suoi componenti, ma al talento di chi crea e di chi sceglie.
Le fasi di produzione del profumo vere e proprie che iniziano da qui sono estremamente importanti e fondamentali per la buona riuscita del prodotto finale.
MISCELAZIONE | Dalla formula del “naso” si prepara l’olio essenziale, un insieme di materie prime, naturali e sintetiche, che sono la base del profumo.
MATURAZIONE | Successivamente, l’olio essenziale è fatto maturare in barili, da una a molte settimane (fino a cinque o più), per far amalgamare tra loro le note.
MACERAZIONE | All’olio essenziale maturato è aggiunto alcool purissimo: parte un nuovo periodo di diverse settimane (da una a cinque) nelle quali le note olfattive si legano all’alcol.
La macerazione nell’antichità era la tecnica più diffusa per la preparazione di unguenti profumati: si immergevano i fiori o altre sostanze aromatiche in un contenitore di olio o grasso al fine di assorbirne il principio odoroso.
Questa fase consente un’osmosi ottimale tra gli ingredienti e l’alcool ed è fondamentale per evitare la predominanza olfattiva dell’alcool che si ha con profumi macerati per periodi troppo brevi.
RAFFREDDAMENTO | Alcol e olio – perfettamente miscelati tra loro, con aggiunta di acqua depurata e distillata – sono raffreddati a -4° / -7°.
FILTRAZIONE | Dopo il raffreddamento, il prodotto alcolico è filtrato per togliere impurità e residui.
PRODUZIONE | Il prodotto finale, chiamato “bulk alcolico”, è il risultato delle fasi descritte al quale possono aggiungersi stabilizzanti, coloranti e filtri solari.